martedì 15 luglio 2014

Eventi ISTITUZIONE BOLOGNA MUSEI


AL VIA  MARTEDI' 15 LUGLIO IN PIAZZA MAGGIORE  "QUATTRO PASSI FRA LE
RACCOLTE CIVICHE CON EUGENIO RICCOMINI"
Una  selezione  di  straordinarie  opere  d'arte appartenenti al patrimonio
museale  bolognese sarà il tema delle quattro brevi conversazioni pubbliche
che il professor Eugenio Riccòmini terrà in Piazza Maggiore il 15, 17, 22 e
24  luglio 
con  inizio  alle ore 21.20 e che precederanno le proiezioni di
Sotto le stelle del cinema.
Gli  incontri,  organizzati  in  collaborazione  con  l'Istituzione Bologna
Musei
,   nell'ambito  di  bè  bolognaestate  2014,   vedranno  lo  studioso
dissertare  su  dipinti  e  sculture  particolarmente rappresentativi delle
collezioni  permanenti  del  Museo  Civico  Archeologico,  del Museo Civico
Medievale,  delle  Collezioni  Comunali  d'Arte,  del  Museo  e  biblioteca
internazionale della musica e del Museo Morandi.

Di seguito il programma dettagliato

Martedì 15 luglio , ore 21.20

La più bella  (Copia dell'Atena Lemnia di Fidia, Museo Civico Archeologico)

La  prima  conversazione  con  Eugenio Riccòmini verte sull'opera-icona che
identifica il Museo Archeologico agli occhi del pubblico: la Testa di Atena
(Collezione  Palagi,  fine del I sec. a.C. – inizi del I sec. d.C.), meglio
conosciuta  come Atena Lemnia. Si tratta di una riproduzione della testa di
una  statua  in bronzo della dea Atena a figura intera, realizzata da Fidia
-  il  grande  scultore  ateniese,  famoso  soprattutto  per  il  ruolo  di
sovrintendente ai lavori di costruzione del Partenone - negli anni compresi
tra  il  451  e  il  447  a.C. e successivamente innalzata sull'Acropoli. I
committenti erano i coloni ateniesi dell'isola di Lemno. La statua, che per
questo  motivo  venne  detta  "Lemnia",  aveva  la funzione di ex-voto, per
ingraziarsi  la protezione della dea, "patrona" di Atene, durante l'impresa
colonizzatrice.  La  grande  novità della scultura fu la scelta da parte di
Fidia  di  raffigurare  Atena,  solitamente  presentata in armi e pronta al
combattimento, in atteggiamento non belligerante, stante, vestita di tunica
e  mantello, appoggiata alla lancia e con l'elmo nella mano destra. L'Atena
Lemnia  diventò  dunque  il  simbolo  della  supremazia  del pensiero, e la
trascrizione  monumentale della potenza politica e del predominio imperiale
del   popolo   ateniese.   Purtroppo   l'opera  fidiaca  originale  è  oggi
irrimediabilmente  perduta,  ma è possibile ricostruirne l'aspetto mediante
alcune  repliche  in pietra di epoca romana, che riproducono soprattutto la
testa:  fra  di  esse  la più accurata e fedele è da sempre ritenuta quella
conservata  al Museo Archeologico di Bologna, attribuita comunemente ad uno
scultore  greco  attivo nel periodo augusteo (I secolo a.C.-I secolo d.C.),
realizzata in marmo pentelico.

Giovedì 17 luglio, ore 21.20
I  Santi dei commercianti (Gruppo della Giustizia e dei santi patroni della
città dal Palazzo della Mercanzia, Museo Civico Medievale)

Il  secondo  incontro è incentrato su I santi protettori di Bologna (Ambito
di  Iacobello / Pier Paolo dalle Masegne, Venezia, ca. 1350 - 1409 | 1386 –
1403).  Le  sette  sculture  in  pietra,  oggi visibili al Museo Medievale,
raffiguranti  la  Giustizia  e i Santi protettori di Bologna (San Domenico,
San  Pietro,  San  Floriano,  Sant’Ambrogio,  San Petronio e San Francesco)
erano  in  origine collocate entro nicchie della facciata del Palazzo della
Mercanzia,  sede  del  Tribunale  della  corporazione, la cui progettazione
venne  eseguita  dall’architetto  Antonio di Vincenzo, famoso per aver dato
avvio  al  cantiere  della  basilica  di  San Petronio a Bologna. Le statue
furono  realizzate  dalla  bottega di Iacobello e Pier Paolo Dalle Masegne,
come  può  confermare  il confronto con la pala marmorea realizzata da Pier
Paolo  tra  1388  e  il  1392  per  l’altare  maggiore  della chiesa di San
Francesco.  Probabilmente  la  loro esecuzione risale al termine dei lavori
architettonici,  poco  prima  dell’inaugurazione  del  palazzo avvenuta nel
1391.

Martedì 22 luglio, ore 21.20
Sedendo  e  mirando  (Le  Stanze  Paese, Collezioni Comunali d'Arte e Museo
della musica)

Le  “Stanze  Paese”  o  “deliziose”,  che ricreano un ambiente naturale, si
diffondono  nei  palazzi  patrizi di Bologna tra la fine del Settecento e i
primi  decenni  dell'Ottocento.  Due tra le più significative, protagoniste
del  terzo  incontro  con  il  prof. Riccòmini, sono visibili nelle sedi di
altrettanti  musei cittadini. La “boschereccia” di palazzo d'Accursio, oggi
all'interno  delle  Collezioni  Comunali  d'Arte, fu realizzata da Vincenzo
Martinelli  (paesista,  Bologna 1737 - 1807) in collaborazione con Giuseppe
Valiani  (Pistoia,  1735  - 1800) per le figure, probabilmente in occasione
della  risistemazione  degli  ambienti del palazzo comunale destinati, dopo
l'arrivo  dei francesi, a sede del nuovo Direttorio (1797). Le pareti della
sala  sono delimitate da un pergolato di piante rampicanti e, avvolgendo il
visitatore,  si  aprono illusionisticamente su vedute di campagna alternate
ad esedre con fontane, dando l'impressione di trovarsi in all'interno di un
tempietto di un giardino all'inglese.
La  "boschereccia"  di  palazzo  Riario-Aldini-Sanguinetti  (sede del Museo
della  musica), la prima sala che si incontra seguendo il percorso museale,
era  utilizzata  come  sala da pranzo e pertanto chiamata Sala del Convito.
L'apparato  decorativo  fu  prodotto  anche  in  questo  caso dalla fervida
fantasia di Vincenzo Martinelli che immaginò paesaggi ricchi di "verzura" e
di   architetture  classiche  in  lontananza;  queste  si  fanno  vicine  a
circondare  l'astante  nel gradino illusorio che sorregge la raffigurazione
di  erme  e  statue  di  Bacco  e  Cerere, opera del giovane Pelagio Palagi
(Bologna, 1777 – Torino, 1860).

Giovedì 24 luglio, ore 21.20
Scatole,  bottiglie  e  colline  (Quattro dipinti di Giorgio Morandi, Museo
Morandi)

Nell'anno  in  cui  ricorre  il cinquantesimo anniversario della scomparsa,
l'Istituzione Bologna Musei ricorda Giorgio Morandi anche tramite le parole
di  Eugenio  Riccòmini  che,  partendo  da quattro dipinti rappresentativi,
prenderà  in  considerazione  i temi principali della ricerca dell'artista:
dai  più comuni quali la natura morta, il paesaggio e i fiori, fino ai meno
ricorrenti  come  il  ritratto. Proprio a quest'ultimo genere appartiene il
dipinto  più  datato: Ritratto femminile (V. 3, s.d. - 1912), che raffigura
Dina  Morandi,  sorella  di Giorgio. L'opera, definita da Ascanio Forti “il
ritratto  cupo di G. Morandi”, viene esposta per la prima volta alla mostra
tenutasi  all'Hotel Baglioni di Bologna nel 1914. Seguì un lungo periodo di
“oblio” voluto dallo stesso Morandi, che conservava il ritratto tra le cose
di  famiglia, quasi escludendolo dal proprio corpus pittorico. Solo dopo la
morte   dell'artista   verrà   nuovamente   reso   visibile   al   pubblico
nell'antologica  bolognese  del  1966.  Il  secondo  lavoro  oggetto  della
conversazione  di  giovedì  24  luglio  è  un  Paesaggio  (V.  211,  s.d. -
1935-1936)  dipinto  a  Roffeno,  alle pendici del Monte Veggese, che rende
tangibile  il  debito  di  Morandi verso Cézanne e forse proprio a causa di
tale  evidenza  venne  lasciato  incompiuto  pur  essendo straordinario per
qualità  pittorica.  I  Fiori  (V. 661, s.d. - 1949), terza opera proposta,
sono  una  delle  prime composizioni morandiane a soggetto floreale intero,
completo  di recipiente, reso plasticamente tattile grazie alla ricca pasta
pittorica.  I  vellutati  petali  di  rosa possono ricordare le modulazioni
cromatiche  di  Renoir,  per il quale l'artista bolognese nutriva interesse
già  dalla  Biennale  di  Venezia  del  1910.  Il  quarto  e  ultimo lavoro
appartiene  al  genere  forse  più  automaticamente associato a Morandi: la
natura morta. Il dipinto (Natura Morta, V. 1107) è databile intorno al 1958
e   presenta  un  impianto  compositivo  tra  i  più  noti  nel  repertorio
morandiano,  seppur  maggiormente ricorrente negli acquerelli. Vi compaiono
sei  (ad  uno  sguardo più attento potrebbero essere sette) oggetti: alcune
scatole,  un  boccale  da birra, una boccetta di profumo e in primo piano a
sinistra,  a movimentare la compattezza rettangolare delle forme accostate,
un  cubetto  scuro  (un barattolino di colla). Tutte le componenti appaiono
velate sulla superficie superiore da un sottile strato di polvere.

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