PROROGATA AL 30 MAGGIO LA MOSTRA "1915/18 LA GUERRA ADDOSSO. MENOMAZIONI
FISICHE E TURBE PSICHICHE NELLE FILE DELL'ESERCITO ITALIANO", IN SALA
D'ERCOLE A PALAZZO D'ACCURSIO
Prorogata al 30 maggio la mostra “1915/18 La guerra addosso. Menomazionifisiche e turbe psichiche nelle file dell'esercito italiano”, a cura di
Ludovico Testa, allestita in sala d'Ercole a Palazzo d'Accursio.
Inserita nel programma ufficiale per le commemorazioni del Centenario della
Prima Guerra mondiale curato dalla Struttura di missione per gli
anniversari di interesse nazionale della Presidenza del Consiglio dei
ministri, la mostra ha come tema l'impatto della Grande Guerra sul corpo e
sulla mente dei militari italiani.
Oltre a causare un enorme numero di morti, la Prima guerra mondiale si
distinse infatti per l’altissima percentuale di combattenti sottoposti a
gravi mutilazioni fisiche o fortemente provati dal punto di vista psichico.
Attraverso un percorso articolato su immagini fotografiche, documentari e
filmati dell’epoca, la mostra si pone l’obiettivo di evidenziare le radici
di tali traumi, ponendo l’accento sulla gestione dell’emergenza sanitaria
nella zona di guerra e al di fuori di essa, con particolare riferimento al
ruolo svolto dall'Emilia.
Situata a ridosso del teatro delle operazioni, l’Emilia Romagna mostrò una
notevole capacità organizzativa nel ricovero e nella cura dei militari
provenienti dal fronte dell’Isonzo e poi del Piave, che trovarono
ospitalità presso le numerose strutture ospedaliere provinciali. Migliaia
tra soldati e ufficiali furono accolti all’interno di padiglioni
appositamente creati nei manicomi e negli istituti neuropsichiatrici di
molte città emiliane, tra le quali Bologna, Imola, Parma, Reggio Emilia,
Ferrara. Per i mutilati e gli storpi, le cure erano invece affidate agli
istituti di specializzati di Parma, Modena, Piacenza e Bologna.
Tra tutte queste città, due in particolare costituiscono nella mostra
oggetto di attenzione per la rilevanza del servizio svolto: Reggio Emilia,
con il grande manicomio San Lazzaro (affiancato nell’ultima fase del
conflitto dal Centro psichiatrico militare di prima raccolta) e Bologna,
dove l’Istituto Ortopedico Rizzoli e la Casa di rieducazione per invalidi e
mutilati di guerra ad esso legata costituirono luminosi esempi di
efficienza e cooperazione.
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