domenica 13 febbraio 2011

SAN VALENTINO AI MUSEI CIVICI

UN PERCORSO SENTIMENTALE FRA OPERE LEGATE AI
TEMI DELL'AMORE.

Per il giorno di San Valentino i Musei Civici propongono ai visitatori un
percorso “sentimentale” fra opere legate al tema dell’amore, da godersi nei
giorni precedenti e successivi.

Al Museo del Risorgimento in particolare segnaliamo la piccola statuetta in
terracotta L’addio dello studente bersagliere del forlivese Fortunato
Zampanelli (1828-1909) che rappresenta il triste momento della separazione
tra due giovani, il giorno della partenza del ragazzo come volontario per
le campagne per l'Indipendenza italiana: la ragazza è in lacrime e il
bersagliere, vestito di tutto punto con armi e cappello piumato sul capo in
procinto di partire, la stringe a sé per consolarla. Lo stesso Zampanelli
partì volontario partecipando alle principali campagne di guerra per
l’Indipendenza italiana; non è escluso pertanto che abbia voluto
rappresentare nella piccola terracotta qualche compagno o addirittura se
stesso.

Sempre al Museo del Risorgimento si segnala la coppia di quadretti, raffiguranti rispettivamente il giovane Pietro Inviti, in uniforme del Battaglione Alto Reno, e la sua fidanzata Giulietta Manganelli: la ragazza
morì prima del matrimonio e Pietro Inviti non si sposò mai. Divenuto ormai vecchio, poco prima di morire lasciò i due quadretti al suo amico Alberto Dallolio (come lui noto uomo politico bolognese, che fu tra l'altro Sindaco della città e senatore) pregandolo di tenerli sempre uno accanto all'altro.
A sua volta Dallolio ne fece dono al Museo del Risorgimento, ma nel corso di vari disallestimenti i quadretti finirono nei depositi e si perse il nesso che li legava; soltanto in anni recenti, nel corso della catalogazione di tutto il materiale, sono stati ricollegati l'uno all'altro
ed infine ricollocati insieme nella vetrina nove.

Sempre all’amore, ma melanconico e struggente, rimanda il volume, esposto
nella sala 5 del Museo della Musica, Armonice Musices Odecathon, primo
libro musicale stampato nel 1501 da Ottaviano Petrucci, oggi tra i più
importanti della collezione libraria del museo: il volume è aperto
sull'incipit dell'Adieu mes amours di Josquin Des Prez (c. 1450-1521).

Alle infedeltà amorose rimanda invece, nella sala 2, l'opera di Padre
Martini Cinquantadue Canoni a due, tre e quattro voci che è aperto sulla
pagina del canone intitolato Le corna o il divorzio.
«Quando la bacio e le sue labbra sono aperte, sono ebbro, anche senza
birra»: queste le parole di una lirica amorosa egiziana risalente al Nuovo
Regno (1539-1075 a.C.).
Pochi sanno che in questa fase storica della civiltà egiziana, resa famosa
da sovrani quali Hatscepsut e Thutmosis III, Akhenaton e Tutankhamon, nasce
il genere letterario della poesia d’ispirazione amorosa: le poesie parlano
di un amore sentimentale e fisico che viene cantato o recitato con
accompagnamento musicale.
Il cuore insomma è l’interlocutore privilegiato di questi dialoghi tra
innamorati; ma come raffiguravano il cuore gli antichi Egizi? Per scoprirne
le forme e l'aspetto, molto diverso rispetto alle nostre stilizzazioni
moderne, vi aspettano vari esemplari di amuleti nella Sezione egizia del
Museo Archeologico.

L’amore per i propri cari è invece rappresentato, sempre nella Sezione
egizia del Museo Archeologico, dal Gruppo statuario di Mainekhet e famiglia
proveniente da Tebe e databile alla prima metà della XVIII dinastia
(1539-1292 a.C.): un abbraccio di affettuosa tenerezza familiare riunisce
infatti lo “scultore di Amon” Mainekhet alla moglie e ai tre figli, mentre
un quarto figlio è solo nominato nel testo inciso in caratteri geroglifici
sulla stele dalla sommità arrotondata.

Al Museo Civico Medievale si segnala invece il grande boccale in ceramica
di manifattura faentina del 1499, appartenente al genere del cosiddetto
“vasellame amatorio”: sulla superficie è infatti raffigurato il busto di
una donna col petto trafitto da un pugnale... una ferita d’amore, come
indica la scritta “amore” a fianco della donna.

L’amore nella mitologia greca è invece al centro dei due dipinti del Museo Davia Bargellini, entrambi di Marcantonio Franceschini (1648-1729) ed entrambi collocati nella sala 6: in Amore vincitore, Eros, raffigurato ritto, nudo e ben fornito delle sue frecce, punta l’arco con decisione,
volgendosi con sorriso accattivante verso l’osservatore, nella
rappresentazione del motivo virgiliano “Omnia vincit Amor”. Ai suoi piedi stanno infatti numerosi oggetti (libri, corona, strumenti musicali, armi e
monete) a simboleggiare appunto la supremazia dell’amore sulle arti, la musica, la cultura, il sapere, la guerra e la ricchezza.
In Venere e Amore invece la dea è raffigurata nell’atto di sottrarre l’arco a Cupido, che tuttavia non desiste dal tentativo di “pungerla” delicatamente con la sua freccia.

Le Collezioni Comunali infine segnalano i due dipinti Bacco e Arianna di Giulio Carpioni (visitabile anche con visita guidata di Mirella Cavalli domenica 13 febbraio, ore 10.30) e Venere e Amore di Pelagio Palagi.

Info
www.comune.bologna.it/cultura/

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