giovedì 29 novembre 2012
"THE SCHOENBERG EXPERIENCE"
Venerdì 30 novembre, alle ore 20.30, al Teatro Manzoni, il Direttore
principale del Teatro Comunale Michele Mariotti chiude la Stagione
Sinfonica 2012 dirigendo l’Orchestra del Teatro nell’ultimo concerto in
programma. Il concerto rientra negli appuntamenti del The Schoenberg
Experience, un progetto interdisciplinare dedicato al compositore Arnold
Schoenberg, promosso dal Comune di Bologna e dalla Fondazione Teatro
Comunale di Bologna con il determinante apporto dell’Arnold Schoenberg
Center di Vienna e di numerose istituzioni culturali bolognesi.
Reduce dal debutto lo scorso 28 settembre al Metropolitan di New York con
la Carmen di Bizet, e a pochi giorni dall’inaugurazione della stagione del
San Carlo di Napoli con La traviata di Verdi con la regia di Ferzan
Ozpetek, Michele Mariotti torna al Teatro Comunale di Bologna – di cui è
Direttore Principale – per il concerto di chiusura della Stagione Sinfonica
2012.
In programma:
Leonore ouverture n. 3 op. 72b di Ludwig van Beethoven;
Concerto per quartetto d’archi e orchestra in si bemolle maggiore basato
sul Concerto grosso op. 6 n. 7 di Georg Friedrich Händel, nella libera
trascrizione di Arnold Schoenberg
Solisti: Quartetto Verdi (Francesco De Angelis, Lorenzo Gentili-Tedeschi,
violini; Roberto Tarenzi, viola; Claudia Ravetto, violoncello)
Sinfonia n.1 in do minore op. 68 di Johannes Brahms.
Il libretto del primo allestimento del Singspiel fu redatto nel 1805 da
Joseph von Sonnleithner che lo trasse da Léonore, ou l’amour conjugal
(1798) di Jean-Nicolas Bouilly. Fidelio, unico Singspiel di Ludwig van
Beethoven (1770-1827), ebbe la première il 20 novembre del 1805 al Theater
an der Wien, con l’ouverture che oggi è chiamata Leonore n. 2, op. 72a.
L’opera in tre atti ebbe solo due repliche le sere seguenti, per un
pubblico composto principalmente dalle truppe francesi che avevano da poco
occupato Vienna. Il libretto venne migliorato drammaturgicamente l’anno
seguente da Stephan von Breuning, che lo ridusse a due atti. Beethoven ne
rivide le musiche, componendo l’ouverture Leonore n. 3, op. 72b, simile
alla precedente ma più breve ed efficace. Una terza ouverture (Leonore n.
1, numero d’opus 138 di attribuzione postuma), in passato creduta la prima,
fu in realtà composta nel 1807 per adattarla al teatro di Praga. Il
libretto del Fidelio fu infine rivisto nel 1814 da Georg Friedrich
Treitschke che spostò il finale dai sotterranei alla luce del sole, nel
cortile della prigione. Le modifiche operate da Beethoven sulle musiche
furono più sostanziali delle precedenti, specialmente nell’ultima parte.
Compose inoltre un’ulteriore ouverture, chiamata Fidelio, diversa dalle
prime tre perché introduce l’azione senza anticipare i temi musicali
dell’opera. In seguito, con risultati drammaturgicamente discutibili,
l’ouverture Leonore n. 3, op. 72b, tratta dal secondo allestimento, venne
comunque utilizzata da Otto Nicolai come interludio tra i due atti di
Fidelio, da Hans von Bülow come epilogo, da Felix Mottl e Gustav Mahler per
colmare il cambio scena prima del finale. Il rimaneggiamento di musiche e
libretto manifesta il complesso rapporto di Beethoven con il Singspiel, ed
è nel contempo specchio dei mutamenti politici e sociali dell’Europa di
inizio Ottocento. Le condizioni in cui nacque la versione del Fidelio del
1814 erano profondamente cambiate rispetto a quelle filo-bonapartiste e
illuministiche che soggiacevano ai primi due allestimenti: la campagna di
Russia del 1812 aveva avuto un esito disastroso per le truppe di Napoleone,
il quale aveva subìto una pesante sconfitta perpetratagli dal Duca di
Wellington a Vitoria, in Spagna, il 21 giugno 1813, celebrata da Beethoven
stesso con l’op. 91 Wellington’s Victory. Con il Congresso di Vienna del
1814 iniziava, infatti, la Restaurazione.
Su richiesta dell’editore londinese John Walsh e in vista dei concerti che
si tenevano nel Lincoln’s Inn Fields, celebre parco nel centro di Londra,
Georg Friederich Händel (1685-1759) compose i Dodici concerti grossi op. 6
tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre del 1739. Numero d’opus,
quantità di pezzi e organico, composto dal concertino (due violini e
violoncello soli) più il ripieno (orchestra d’archi e basso continuo), si
ispirano direttamente ai 12 concerti grossi di Arcangelo Corelli
(1653-1713), editi postumi ad Amsterdam nel 1714, la cui riedizione del
1715 curata dallo stesso Walsh aveva riscosso un notevole successo
economico. Secondo un procedimento consueto nel proprio artigianato
compositivo, Händel attinse liberamente a pezzi tratti dagli Essercizi per
Gravicembalo di Domenico Scarlatti (1685-1757), pubblicati a Londra proprio
tra il 1738 e il 1739, e ai Componimenti musicali di Gottlieb Muffat
(1690-1770), anch’essi editi in edizione lussuosa nel 1739 e definiti da
Muffat stesso come “il prodotto migliore che si potesse trovare in tutta la
Germania”. Il Settimo concerto grosso dell’op. 6 è il più corto tra tutti
ed è l’unico in cui Händel fece sempre uso dell’orchestra completa, senza
l’alternanza tra concertino e ripieno.
Per Schönberg il 1933 fu un anno reso difficile dall’acuirsi
dell’antisemitismo in Germania: Adolf Hitler, divenuto cancelliere in
gennaio, continuò l’accentramento del potere attorno al proprio partito; il
primo marzo il senato annunciò l’intenzione di rimuovere tutti gli ebrei
dalle posizioni pubbliche. Schönberg, che insegnava all’Akademie der Künste
di Berlino dal gennaio del 1926, diede le dimissioni. Il compositore
completò i primi due movimenti del Concerto per quartetto d’archi e
orchestra il 10 e il 12 maggio del 1933, e cinque giorni dopo si rifugiò a
Parigi; il 24 luglio si riconvertì alla fede ebraica che aveva abiurato nel
1898 in favore del luteranesimo; completò la composizione del Concerto
datandone l’ultimo movimento 16 agosto; il 25 ottobre emigrò con la
famiglia alla volta di Boston, negli Stati Uniti. Schönberg riteneva Händel
“molto inferiore se paragonato a Bach” e non apprezzava il suo modo di
sviluppare le idee tematiche che “diventavano sempre più noiose e triviali
nel corso del pezzo”. Non nascose dunque l’intenzione di migliorare con il
proprio operato l’originale di Händel, dichiarando in una lettera ad Alban
Berg che “alla fine ne sarebbe risultato comunque un ottimo pezzo, ma non
per merito di Händel”.
La rielaborazione schönberghiana intacca in primis la forma dell’originale
trasformandola da Concerto grosso (anomalo, in quanto Händel, come detto,
utilizzò sempre l’organico completo), a quella concertante-sinfonica di
matrice tardo-romantica. L’orchestrazione è realizzata utilizzando
l’orchestra novecentesca nel pieno delle sue forze, percussioni comprese.
La commistione di componenti contrastanti dà vita all’eterogeneità
stilistica che caratterizza tutto il pezzo, in un costante, sofferto, e
talvolta parossistico rapporto dialettico tra tradizione e innovazione.
Robert Schumann e la moglie Clara riconobbero il genio di Johannes Brahms
(1833-1897) non appena lo incontrarono. Il primo ottobre del 1853, il
giorno dopo l’arrivo in casa Schumann dell’allora ventenne Brahms, la donna
annotò nel proprio diario: «Davanti a lui c’è un futuro: se si deciderà a
scrivere per orchestra, allora avrà trovato il vero mezzo per la sua
immaginazione». Sulla rivista «Neue Zeitschrift für Musik» il 28 ottobre
venne stampato l’articolo di Robert Schumann intitolNeue Bahnen (Vie
nuove), in cui, riferendosi all’appena ventenne Brahms, il compositore
preannunciava: «Se egli calerà la sua bacchetta magica là dove la potenza
della musica infonde la sua forza, nel coro e nell’orchestra, allora ci
verranno dischiuse prospettive ancora più magnifiche dei segreti dello
spirito». Anche per via di queste alte aspettative, la composizione della
Prima sinfonia occupò Brahms per almeno 14 anni, sebbene in modo
discontinuo.
Nonostante la giovane età, Michele Mariotti si è affermato nei principali
teatri italiani ed esteri.
Direttore Principale dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, ha
diretto L’Italiana in Algeri, Idomeneo, Simon Boccanegra, La Cenerentola, I
Puritani, Carmen, La Traviata, Risorgimento! e Il Prigioniero, Le nozze di
Figaro oltre a diversi concerti. Con il teatro è stato ospite della Fuji
Television a Tokio dirigendo Carmen e I Puritani.
Tra i suoi successi Nabucco al Festival Verdi, Don Pasquale al Teatro Regio
di Torino, Il barbiere di Siviglia all’Opera Royal de Wallonie, alla
National Opera di Washington, al Teatro Massimo di Palermo, a Los Angeles e
alla Scala di Milano.
Tra i prossimi impegni: Norma e Nabucco oltre a diversi concerti a Bologna;
Rigoletto al Liceu di Barcelona; Guillaume Tell al Rossini Opera Festival;
I Puritani all’Opera di Parigi; al Metropolitan di New York Carmen, I
Puritani, Rigoletto, Il barbiere di Siviglia e La donna del lago; Il
barbiere di Siviglia a Chicago; La donna del lago al Covent Garden di
Londra e tornerà alla Scala con I Puritani.
Il Quartetto Verdi - Francesco De Angelis, Lorenzo Gentili-Tedeschi ai
violini, Roberto Tarenzi alla viola, Claudia Ravetto al violoncello - nasce
nel 2009 dall’incontro inusuale di musicisti che provengono da esperienze
artistiche diverse. Le loro distinte attività, dal ruolo di Violino di
Spalla del Teatro alla Scala, all’attività solistica, dal camerismo
ventennale nel Quartetto Borciani , alle docenze di prestigioanche
internazionali, si sono trovate a convergere nel comune desiderio di “far
quartetto”, coinvolgendo un giovane che ha già fatto tesoro, nonostante
l’età, di una solida esperienza cameristica. Il Quartetto Verdi nel
settembre 2011 ha tenuto il concerto di inaugurazione della Fiera
Mondomusica di Cremona.
Molti e prestigiosi gli artisti che hanno collaborato con i componenti del
Quartetto Verdi: Lang Lang, Daniel Barenboim, Bruno Canino, Enrico Dindo,
Fabrizio Meloni, Massimo Quarta, Monica Bacelli, Antonio Ballista,
Alessandro Solbiati, Fabio Vacchi.
Nel marzo 2013 il Quartetto sarà negli Stati Uniti per rappresentare
l’Italia alla fiera Mondomusica di New York, con l’esecuzione del Quartetto
in mi minore di Giuseppe Verdi e di alcuni quartetti di altri operisti
italiani.
Il progetto “The Schoenberg Experience” è sostenuto grazie al contributo di
Hera.
www.comunalebologna.it
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