giovedì 8 novembre 2012

Eventi MUSEO DEL PATRIMONIO INDUSTRIALE


Inaugura   venerdì  9  novembre,  alle  17.30,   al  Museo  del  Patrimonio
Industriale
  ,  in  via  della Beverara 123, la mostra "Giordani: costruire
giocattoli. Auto, carrozzine, biciclette per bambini, 1915-1961
".
Trentasette giocattoli tra i più rappresentativi della produzione Giordani,
alcuni dei quali rari o particolari, saranno in mostra al Museo del
Patrimonio Industriale fino al 30 giugno 2013.
Tra i giocattoli, costruiti in ferro, legno e lamiera stampata, figurano
tricicli, biciclette con e senza ruotine, ciclo side-car, automobili a
pedali, automobile elettrica, reattore, autoareoplano, ciclopattino,
carrettino, carrozzine per bambino e per bambola. Oltre 400 immagini di
cataloghi e foto d’epoca sono infine visibili in 5 visori ed una
videoproiezione.
Per  cinque  generazioni,  dal  1875  al 1984, la famiglia Giordani ha dato
vita, con impegno e passione, ad una ditta che, dall’originaria lavorazione
del  ferro,  si  è  specializzata nella produzione di giocattoli sportivi e
carrozzine.  Questa  “fabbrica della felicità” al servizio delle famiglie e
dei  bambini  ha  lasciato  un segno indelebile nel loro immaginario ed una
fama   che   ancora  sopravvive,  tanto  da  rendere  oggi  quegli  oggetti
particolarmente ambiti nel mercato del modernariato e del collezionismo.
Gli  anni  compresi  tra  la  stampa  del  primo  catalogo, nel 1915, ed il
trasferimento  dell’azienda da Bologna al nuovo stabilimento di Casalecchio
di   Reno,  nel  1961,  dove  regnerà  la  produzione  in  plastica,  hanno
rappresentato l’epoca pionieristica del giocattolo, costruito all’inizio in
ferro  e  legno  e  poi  in  lamiera  stampata, durante la quale il marchio
Giordani   si   è   accreditato   dapprima  in  Italia,  quindi  in  ambito
internazionale.
Il  materiale  in mostra è disponibile grazie all'apporto dei collezionisti
del settore e della famiglia Giordani.

Giordani: la famiglia, l’azienda, la produzione
“Giordani Raffaele, Arte del fabbro, S. Vitale 16 a-b, 1 dicembre 1875”. La
Camera  di  Commercio  di  Bologna  così  registra l’inizio della storia di
un’Azienda che supererà il secolo di vita.
Raffaele  ed il figlio Pietro, che ben presto lo affianca, eseguono un gran
numero  di  lavori  in  ferro,  cimentandosi  anche  nella  costruzione  di
velocipedi,  disponibili  per  la  vendita  ed  il  noleggio. Nella memoria
familiare  resta  il  ricordo  di  un incauto acquisto all’estero di alcuni
costosi  esemplari,  che  causa  a Pietro nel 1889, quando il padre è ormai
deceduto,  serie  difficoltà  finanziarie.  Ma  caparbiamente egli riprende
l’attività  nella  sua  bottega,  dove  fin  da  bambino lo segue curioso e
attento il primogenito, Raffaele, che ne ripercorrerà le orme.
Proprio su di lui, nel 1911, quando ha 21 anni e vengono a mancare entrambi
i  genitori,  ricade  la  responsabilità  della cura dei 4 fratelli e della
prosecuzione  del  lavoro,  incentrato  sulla realizzazione di manufatti in
ferro.  Non  gli  mancano  volontà  ed  idee:  Raffaele  inizia a costruire
carrozzine per bambole in vimini e tricicli per bambini, la cui lavorazione
dai  banconi di Viale Foro Boario finisce spesso in casa, a tarda sera, con
la verniciatura.
Durante  la guerra 1915-’18 è in forza all’Arsenale di Bologna come operaio
specializzato,  ma  non  cessa  di  lavorare  in proprio, sottraendo ore al
riposo.  Viene  coadiuvato dai fratelli Giuseppe, Alberto e Aldo, tutti poi
deceduti  prematuramente.  Nel  1928, dopo la morte di Alberto, contitolare
della  Società  “Raffaele  Giordani  e  Fratello”,  ed anche calciatore del
Bologna, l’attività legata alla ferramenta viene ceduta alla Ditta Sandri.
La  produzione,  nel frattempo trasferitasi in nuovi locali in Via Ronzani,
fuori  Porta  Galliera, si indirizza definitivamente verso i giocattoli con
un forte impegno anche sul versante delle carrozzine per bambini.
Il  decennio  successivo  registra  la costante crescita della Giordani: si
rende  necessario  il trasferimento in un grande stabilimento in Via Nicolò
Dall’Arca,  nel  1932,  e  la  rete  di  vendita  assume in breve un rilevo
nazionale,  comprese le Colonie, affacciandosi anche oltre confine. Fin dal
1930  Raffaele richiede il rilascio del passaporto, recandosi poi più volte
all’estero   per   allacciare   rapporti   commerciali,   acquistare  nuovi
macchinari,  ma  anche  per  visitare impianti di concorrenti e studiarne i
sistemi  di  lavoro.  Nel  1937  è Pietro, il figlio maggiore, a recarsi in
America  del  Sud, dove sono esportati i Ciclobalilla per bambini, ma anche
negli  Stati Uniti per una trattativa di costruzione su licenza da parte di
una ditta locale.
All’avvicinarsi  del  secondo conflitto mondiale la Giordani viene inserita
tra  le  fabbriche idonee alla produzione bellica. Lo stabilimento nel 1941
copre una superficie di 11.600 m2 (6.600 coperti), ha una moderna dotazione
di  macchine nei diversi reparti e 592 addetti (420 donne) impegnati, oltre
che  nella  produzione  corrente,  anche  nella  realizzazione di “cofani”,
poltrone, sgabelli, letti e comodini per malati e soprattutto paracapsule.
L’incursione   aerea   alleata   del   25  settembre  1943  è  fatale  allo
stabilimento,  già oggetto di requisizioni di macchine e materiali da parte
delle truppe tedesche, pesantemente bombardato e reso inagibile.
La  ripresa,  nel  1946,  vede  un grande impegno per la ricostruzione, con
l’acquisto di macchine nuove e moderne. A Raffaele si sono già affiancati i
figli  Pietro  ed  Ermete,  insieme  con Luciano, che si occupa del settore
vendite,  e Guerrino, responsabile della lavorazione della gomma, mentre in
Amministrazione è impiegata Emilia, il cui marito, Umberto Grossi, segue le
lavorazioni esterne
La   produzione   riprende  a  pieno  regime  con  proposte,  continuamente
rinnovate, di giocattoli e nuove carrozzine, registrando un incremento tale
da  portare  alla  necessità  di uno stabilimento più grande (70.000 m2), a
Casalecchio  di  Reno,  ultimato  nel  1961.  Nei  vecchi locali di Bologna
rimarrà fino al 1966 un reparto destinato alla costruzione di tricicli.
Per  oltre  un  trentennio  la  direzione di Pietro Giordani, con l’apporto
degli  altri  componenti della famiglia, dimostrerà grande intraprendenza e
risulterà  vincente  nelle  scelte  produttive  e  commerciali, portando il
marchio Giordani ad affermarsi in tutto il mondo.
Problemi  societari  ed  il  costante  calo  della natalità porteranno alla
chiusura nel 1984.
Produzione 1915-1961
Non   è   rimasta   traccia  degli  affascinanti  e  pericolosi  velocipedi
realizzati,  presumibilmente  da Pietro Giordani, alla fine dell’Ottocento.
Essi  sono  stati l’indizio precoce di un’attenzione alle novità tecniche e
di  mercato  che  porteranno  poi  il  figlio Raffaele ed i suoi fratelli a
dedicarsi, con pochi altri in Italia, alla produzione di un’altra tipologia
di  oggetti  allora  ai  primordi:  i  giocattoli  “sportivi”,  soprattutto
automobili  a pedali e tricicli, e le carrozzine per bambini e per bambole.
Tutti  presenti,  pur  in  un  numero limitato di modelli, già nel Catalogo
1915.  È  questo il primo di una lunga serie che, dalla fine degli anni ’20
in  poi,  li  vede  proposti  con cadenza annuale e duplice veste, giochi e
carrozzine,  nella  consapevolezza che si tratta di importanti strumenti di
vendita, per la Ditta, i grossisti ed i commercianti.
Viene  posta attenzione non solo alla varietà dei giochi, ma anche a quella
dei  modelli: ai più semplici e “popolari”, si affiancano quelli “lusso” ed
“extra  lusso”,  con  vari accessori e numerosi particolari nichelati ed in
seguito  cromati.  Nel  contempo  si  studia  la  possibilità di ridurne le
dimensioni,  rendendoli  ripiegabili  o  facilmente smontabili. Opportunità
questa,  si  afferma  nel  Catalogo  1935,  che  avrebbe  in sé una valenza
pedagogica,  in  quanto  questi  giocattoli “iniziano il bambino alle prime
nozioni  di  meccanica  e  gli  rendono familiari i veicoli che dovrà usare
durante la sua vita”.
Una  peculiarità  che  trova riscontro soprattutto, fino agli anni ’30, nei
tricicli  in  ferro,  proposti  poi negli anni ’50 in lamiera stampata. Nel
periodo  intermedio  riscuote  un  grande  successo, non solo in Italia, il
Ciclobalilla,  dotato  di ruotine laterali stabilizzatrici smontabili, così
da  farlo  diventare,  una  volta  cresciuto  il  bimbo, una vera e propria
bicicletta  in  miniatura.  Nel  dopoguerra  viene poi sostituito dal Ciclo
Giordani.
Ma  è  nelle  automobili che la fantasia dei bambini, e dei genitori, ha le
sollecitazioni maggiori.
Fin  dal  1926  si  sottolinea  che  il  modello Corsa (Gran Premio Monza),
“riproduce  esattamente”  un’auto  da gara. L’enfasi legata alla velocità e
all’agonismo  trova  coronamento  negli  anni 1950-’60, con le serie Sport,
Corsa,  Grand  Prix, Indianapolis, Sprint, e precisi riferimenti ad auto di
marche  prestigiose:  la  Sport Mercedes-Benz, la Corsa con mascherina Alfa
Romeo, le Grand Prix ispirate alla Studebaker, l’Indianapolis che riproduce
una Maserati, infine, negli anni ’60, le Sprint Maserati, Lotus e Ferrari.
Non  sono mancati, fin dall’Autoareoplano del 1932 e dal Reattore del 1955,
modelli particolari, come le Corsa Fire/Pompieri e Militare o la Grand Prix
e l’Indianapolis con motore elettrico.

Istituzione Musei Civici/ Il Museo del Patrimonio Industriale
Il  Museo  del  Patrimonio Industriale – collocato nella suggestiva sede di
una  fornace  da laterizi della seconda metà del secolo XIX ristrutturata –
studia,  documenta,  visualizza e divulga la storia economico produttiva di
Bologna e del suo territorio dall’Età Moderna a quella Contemporanea.
Eccellenza  produttiva  e  innovazione  costituiscono  le  linee  guida del
percorso  espositivo,  che  visualizza  i  processi  produttivi, i contesti
territoriali  e  i prodotti con cui Bologna tra il XV secolo e oggi è stata
competitiva  sul  mercato  internazionale. In questo percorso il tema della
formazione,  quale  elemento  strategico di ogni processo di aggiornamento,
rinnovamento  e  sviluppo  dell’economia  del territorio assume particolare
rilevanza.  Il  nucleo  stesso da cui il museo nasce, la collezione storica
Aldini-Valeriani,    documenta   il  radicarsi  nella  città   dell’omonima
Istituzione   che  ha  svolto  un  ruolo  fondamentale  nella formazione di
maestranze   e   imprenditori,   protagonisti  delle  dinamiche  economiche
illustrate.
Il  percorso  espositivo  si  apre con la ricostruzione dell’organizzazione
produttiva dell’antica “Città dell’acqua e della seta” che ha visto Bologna
– tra i secoli XV-XVIII – esportare filati e veli di seta in tutto il mondo
occidentale.  Questa  supremazia  produttiva  entra  in crisi alla fine del
secolo  XVIII  quando  la  Rivoluzione  Industriale costringe ad aggiornare
saperi  e  organizzazione del lavoro. Bologna è costretta a riprogettare il
proprio  futuro, puntando sulla formazione tecnica come elemento strategico
di  rinnovamento.  Da  questa  scelta,  oltre che dall’esistenza di fattori
economici, organizzativi, logistici e amministrativi favorevoli, scaturisce
la  ripresa  produttiva  della  città nella seconda metà dell’Ottocento che
porterà un secolo dopo all’affermazione dell’attuale distretto meccanico ed
elettromeccanico.
Idee  innovative  e  cultura dell’innovazione sono le chiavi di accesso per
interpretare  questa  storia  i  cui  protagonisti  sono  uomini, tecniche,
tecnologie   ed   imprese.   In  esposizione  macchine,  plastici,  modelli
funzionanti,  exhibit,  apparati  da  laboratorio  e  strumenti scientifici
forniscono   documentazione   materiale  per  la  ricostruzione  di  questi
processi,  mentre  gli allestimenti scenografici, le strutture interattive,
le  dia-proiezioni, le multivisioni e i documentari spiegano il contesto di
appartenenza e supportano il percorso narrativo.
Il percorso espositivo del Museo si articola in cinque sezioni:
1.  "Nella  Fornace  il  Museo"  dedicata  alla storia della fornace e alla
lavorazione dei laterizi.
2  "Imparare  la  macchina"  (allestita nella galleria del forno Hoffmann):
modelli,   apparecchi,   strumentazione   tecnico-scientifica   e  macchine
dell’istituto Aldini-Valeriani – la più antica scuola tecnica della città –
documentano i legami profondi esistenti tra industrializzazione della città
e formazione tecnica nel secolo XIX .
3.  "Per  niente  fragile.  Bologna  capitale  del  packaging"  dedicata al
comparto  più  significativo  della  realtà  produttiva attuale di Bologna.
Prototipi  funzionanti di macchine degli anni 1940-'60 forniscono le chiavi
interpretative del successo di questa produzione.
4.  "Prodotto  a  Bologna"  dedicata  all’eccellenza produttiva di Bologna:
dalla  supremazia  del  setificio  bolognese dei secoli XV-XVIII alla città
della moderna cultura meccanica ed elettromeccanica.
5.  "Dall’eccellenza al futuro" dedicata alle dinamiche economiche attuali,
all’agire   delle   tecnologie   d’avanguardia   nell’industria   bolognese
contemporanea.

La mostra è visitabile con il biglietto d'ingresso del museo
Intero 5 euro
Ridotto 3 euro

Orario di apertura
dal Martedì al sabato: 9:00-13:00
sabato e domenica: 15:00-18:00
Tel. 051.6356611 - Fax 051.6346053
E-mail: museopat@comune.bologna.it
Sito Web: http://www.comune.bologna.it/patrimonioindustriale

Info
Museo del Patrimonio Industriale
Fornace Galotti
Via della Beverara, 123.
051.6356611
www.comune.bologna.it/patrimonioindustriale
È  possibile  raggiungere  il  Museo  del Patrimonio Industriale, via della
Beverara  123 dal centro e dall’autostazione con l’autobus n° 17 (n° 30 nei
giorni  Tday),  fermata  Beverara  e  dalla  tangenziale  uscita  n° 5  con
possibilità di ampio parcheggio.

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